(brani tratti dall’intervista rilasciata al giornalista greco N.Nikolaou e pubblicata su KYNHΓEΣΙA KAI KYNOΦIΛIA, settembre-ottobre 2007)
I
INIZI
Sono nato un giorno di primavera in un bel paesino di montagna che si chiama Gerosa, situato in una valletta che si chiama Val Brembilla e fa parte di quella Val Brembana dove si sono svolgono le prove del Trofeo Saladini Pilastri.
Ora, per ragioni di lavoro, abito a Grassobbio, un paesotto alla periferia della città di Bergamo, terra del compositore Donizetti e del grande Papa Giovanni XXIII.
Grassobbio è famosissimo in cinofilia perchè un tempo vi si correvano importantissime prove a starne su selvatici autoctoni presenti in gran quantità e superba qualità sul greto del fiume Serio, teatro di grandi imprese cinofile. Ora le starne sono sparite per varie ragioni, mal curanza, animali nocivi, impatto ambientale dell’espansione dei fabbricati industriali e dell’agricoltura intensiva.
Ho una piccola trattoria che gestisco con la mia famiglia. Appena libero dal lavoro mi dedico esclusivamente ai miei cani.
La mia passione per la caccia si può dire che è nata con me. Da quando ho iniziato ad avere la ragione ho subito avuto passione per tutto ciò che gravita intorno al mondo della caccia. Devo premettere che la passione era già nel DNA della famiglia di mia madre, una famiglia di vecchi cacciatori di montagna. Già da piccolo seguivo i miei zii materni (o mi portavano sulle spalle) nelle loro battute di caccia. Una caccia cacciata d’altri tempi, nel vero senso dell’espressione, sia con mezzi leciti che non… Erano i tempi del primissimo dopoguerra e quindi si cacciava anche per avere qualcosa nel piatto, al di là della solita polenta e formaggio. Peraltro, il piatto tipico della mia terra è proprio la «Polenta e oséi», polenta e uccelli, vale a dire polenta di mais con uccelletti cotti nel burro e nella salvia, simbolo gastronomico della città di Bergamo.
Le prede che ho sempre prediletto sono state e sono tutt’ora le prede da piuma. Non sono mai stato attirato dalla preda di pelo, né lepri né ungulati.
Da piccolo mi dilettavo a costruire, sulle indicazioni dei miei zii, trappole per tutti gli uccelli di piccola taglia (pettirossi, passeri, fringuelli, cardellini, pispole, prispoloni, allodole, tordi, merli, sasselli, cesene, tordele, ecc.) che poi ho cacciato a capanno (appostamento fisso) appena avuta la licenza di caccia.
A seguire, quando iniziai ad avere un cane, cominciai la caccia vagante specialmente alla beccaccia, al gallo forcello, alla pernice bianca e, dulcis in fundo, alla nobile coturnice, il selvatico che mi entusiasma di più in assoluto. Starne, fagiani e beccaccini, avendo sempre praticato la caccia in montagna, non li ho cacciati più di tanto.
Attualmente mi dedico esclusivamente alla caccia al gallo forcello, alla beccaccia, alla pernice bianca e, ovviamente, alla coturnice.
(…)
II
SVOLTA CASUALE
Ho iniziato con il setter inglese per caso e non perché lo abbia cercato. Infatti nasco come pointerman. Un mattino, difatti, poco prima della stagione venatoria del 1980 mi reco per prendere Laky (un pointer bianco/nero) per un’uscita in addestramento prima dell’apertura della caccia, e con mia enorme sorpresa il cane era sparito dal suo recinto e non l’ho mai più ritrovato. Laky era figlio di una mia pointera chiamata Perla, l’ultimo superstite della prima cucciolata di cani da caccia che feci.
Così all’apertura della caccia mi ritrovai senza cane. Contattai quindi un mio amico guardacaccia – allevatore di setters – che mi cedette una delle sue femmine, Tina del Brembo (genealogia «del Brembo» del grande Isaia Bramani).
La prima cucciolata con Tina del Brembo la feci nel 1983 accoppiandola con un cane portato alle vittorie in grande cerca dal noto dresseur Franco Tognotti, il Niki, un figlio di Borgonovese Giumbo.
Da questa cucciolata ebbi dei buonissimi soggetti da caccia e, in particolare, una femmina idonea alle prove, la Kira che ottenne prestigiosi risultati sia in prove di caccia in montagna che in caccia pratica, scomparsa prematuramente a quattro anni per una peritonite. Il primo grande risultato di Kira fu la vittoria con il 1° eccellente alla prova del Trofeo Saladini della Presolana. Questo risultato mi spinse a seguire ed a specializzarmi nella cinofilia di montagna.
(…)
III
VISIONE DEL SETTER INGLESE
Il setter da caccia, come del resto in ogni altro caso, deve essere innanzitutto dotato della cosiddetta «psiche», ovvero l’intelligenza e la coscienza dei suoi «doveri» che trascende nella passione venatoria o «animus venandi».
Poi tutte le caratteristiche fisiche, più o meno codificate dai grandi filosofi del setter, che lo distinguono dalle altre razze da caccia: un galoppo sostenuto ma non impetuoso, leggero ed elegante, felino; procedendo sul terreno con grande circospezione, assecondando ogni ondulazione e prudenza; testa alta nel vento, corpo ben teso e sempre concentrato alla ricerca dell’emanazione; coda portata non troppo alta e composta senza eccessivo dimenio; armonia nel complesso dalla testa alla punta della coda, armonia che deve presentarsi sia in stazione di fermo che in movimento.
Le caratteristiche che io cerco in un buon cane da montagna sono essenzialmente buona costruzione fisica e grande passione per la caccia, intelligenza, potenza olfattiva e, soprattutto, ferma solida.
La costruzione fisica perché la montagna richiede doti di gran fondo e soprattutto resistenza alla fatica e capacità di conservare i riflessi sempre pronti. Difatti, in montagna, un piccolo errore costa caro, sia nel percorso sul terreno duro ed accidentato, che a contatto con lo scaltro selvatico che si ricerca.
La grande passione per la caccia è necessaria perché se un cane non l’avesse, dopo poco tempo subentrerebbe in lui la demotivazione e si attaccherebbe alle scarpe del cacciatore anche se dotato di grandi mezzi fisici.
L’intelligenza del cane è la dote che più di tutte metto in primo piano perché se il cane non capisce che sta cacciando con te e per te, allora tutto il discorso cade. Ciò perché un cane intelligente caccia e capisce di essere il tuo ausiliare che ti dà l’occasione per sparare, con il premio finale di poter recuperare la preda tanto ambita e consegnartela nelle mani ancora calda.
La potenza olfattiva è imprescindibile perché un cane, può essere anche un gran cane, se continua a correre e a faticare e non ha una capacità di poter sentire a distanza ragionevole un selvatico scaltro come una coturnice o un gallo forcello, risulta essere alla fine un cane inservibile. Serve un cane che fermi ad una distanza tale da tenere inchiodato a terra la preda, capendo nel contempo che se fa un passo falso tutto è compromesso.
La ferma deve essere solidissima. Ciò perché in montagna le distanze che deve coprire il cacciatore nel momento in cui si accorge della ferma dell’ausiliare, non sono né brevi ne facili… e per servirlo a volte occorrono decine di minuti.
(…)
IV
FEMMINE
Normalmente nel mio allevamento utilizzo delle femmine delle quali conosco le caratteristiche genetiche già da diverse generazioni. Sono femmine che ho selezionato personalmente attraverso accoppiamenti mirati. Anzitutto vengono portate a caccia per testare l’assenza di gravi difetti, poi seleziono un maschio che possieda più o meno le stesse caratteristiche, ma che in più apporti dei pregi che alla cagna mancano. Tutto ciò restando il più possibile nelle medesime linee di sangue.
(…)
V
GARE IN MONTAGNA
Le gare del Trofeo Romano Saladini Pilastri oltre che importanti, sono interessanti. Questo perché, svolgendosi su quasi tutto l’Arco alpino, si possono mettere a confronti i soggetti delle varie «scuole» sia italiane (quella bergamasca, quella bresciana, quella lecchese, quella veneta, quella piemontese, ecc.) che straniere (in primis quella svizzera-ticinese e quella francese). Senza questi circuiti di prove (vedi anche il «Trofeo delle Alpi» messo in palio dagli amici Svizzeri e le prove in montagna organizzate dal pointer club d’Italia) non avremmo la possibilità del confronto, restando le varie esperienze confinate nell’ambito dei cacciatori di montagna della zona e quindi precludendo ogni velleità di sviluppo e selezione del setter da montagna.
(…)
VI
CAMPIONI
I miei cani del passato mi hanno dato la passione e la voglia di continuare con quelli del presente. Ho avuto la fortuna di aver iniziato subito con dei soggetti davvero valevoli sia a caccia che in prove.
Per le prove ricordo la già menzionata indimenticabile Kira (Tina del Brembo x Niki del Brembo), il generosissimo e scapestrato Rambo (Bora x Telex, sempre linea Borgonovese Giumbo), poi il mitico Ch. Int.L. Arno (figlio del precedente con una cagna del compianto Zambon, Elly 2 di Nonno Vittorio) con il quale ottenni notevoli risultati sino a vincere il Campionato Europeo con il CACIT nel 1990, e Tirso (Rea del Mosconi x Tom del Mosconi, sempre linea Borgonovese Giumbo) con il quale, oltre a diverse gare del Saladini, vinsi una giornata al Campionato Europeo.
Successivamente, in collaborazione con il mio grande amico svizzero Antonio Trapletti (vincitore di diversi Saladini e di Campionato Europeo), abbiamo portato al successo suoi cani (Dingo dell’Acqua Fregia, Mea e, soprattutto Canon Arogno Picetto) che ho integrato nelle linee di sangue del mio allevamento ed utilizzato con grandissimi risultati sia in prove che in caccia.
Altri soggetti validissimi sia in caccia che in prova sono Tango (figlio di Tirso che ha ottenuto diversi piazzamenti al Trofeo Saladini) così come Laky (linea Radentis) che ha dato buonissimi risultati anche tra i figli.
Attualmente posseggo un ottimo soggetto valido sia in prove che a caccia, Pino (quattro anni, figlio di Pirso di Crocedomini), un’interessantissima figlia di Canon, Kiby ed alcune giovani promesse discendenti da Laky.
(…)
VII
SETTER INGLESE OGGI
Il setter italiano gode di ottima salute. Basti guardare i risultati dei soggetti di sangue italiano che corrono e vincono in tutte le specialità.
Non mi posso pronunciare sui setter di altre provenienze perché, a parte i soggetti svizzeri, francesi, spagnoli e tedeschi che vengono presentati in montagna, non li conosco per visione diretta ma solo per ciò che leggo sulle riviste specializzate.
Posso solamente dire che se si resta su questi binari, il setter continuerà a godere di buona salute e di un fecondo avvenire… sempre che continui ad esistere la “caccia cacciata”, poiché caccia e cinofilia sono due facce della stessa medaglia: non c’è l’una senza l’altra (anche se la cinofilia è molto più subordinata alla caccia che viceversa…). Se ciò non fosse si rischia di andare incontro ad un decadimento generale, non solo nel setter, ma in tutte le razze da caccia.
(…)
VIII
FUTURO
Con i tempi che corrono – io parlo per la situazione italiana – dove tutto e tutti sono contrari alla caccia ed a tutto ciò che gli sta intorno, la passione dei seguaci della dea Diana è destinata a sparire.
Ultimamente c’è un incremento generalizzato di vincoli territoriali (parchi, zone a protezione speciale, ambiti territoriali, siti di interesse comunitario) che limitano ulteriormente i già limitati spazi dedicati alla caccia ed alla cinofilia.
Un ultimo messaggio che parte dal cuore per i cacciatori e cinofili (…): avvicinate i giovani alla nostra sana passione il più possibile e con ogni mezzo perché se ci sarà un futuro per la cinofilia e per la caccia lo si dovrà esclusivamente a loro.