CINOFILIA DI MONTAGNA, VERA CINOFILIA
Qualche benpensante potrebbe rimanere stupito dal titolo che ho scelto per questo mio resoconto. Ma se andiamo a ricercare cosa sia la cinofilia d’alta quota ci rendiamo conto di come la qualificazione di “vera” calzi a pennello per questa specialità delle prove di lavoro per pointer e setter inglesi.
Ebbene, cosa si ricerca – o meglio – cosa si seleziona in questo tipo di prove? Anzitutto, da un lato, è da sottolineare che, escludendo forse talune zone dei paesi dell’Est, le prove di montagna restano l’unico banco di prova su cui testare le qualità dei soggetti con selvaggina difficile e vera (originaria, nata e cresciuta in loco, escludendo quindi qualsiasi tipo di immissione o di ripopolamento). Da qui la prima difficoltà attraverso la quale si giunge alla sublimazione del risultato che si ottiene: ottenere (e risolvere) un punto su di un vecchio forcello è sicuramente qualcosa di più impegnativo che fare tre punti in un terreno (magari in caccia a starne) in cui sono state svuotate tre cassette di selvaggina. Quindi cervello, mentalità, animus venandi.
Altra difficoltà che impreziosisce ed eleva l’azione di un setter o pointer in montagna è la montagna stessa. Quante grandi promesse sono andate ad infrangersi contro l’inesorabilità dei terreni? Quanti colpi di trombetta interrompono dopo due o tre minuti l’azione stanca ed affaticata (se non “scoppiata” o addirittura “timorosa”) di un “non in nota”, magari già pluridecorato idolo della “grande cinofilia”? L’asperità del contesto montano serve per mettere alla prova l’altra grande necessità di un ausiliare pel tipo di caccia, la resistenza. Quindi per dirla con Jean Marie Pilard, gran cinofilo d’Oltralpe, “Cani veri per vera selvaggina”.
Mi piace ripetermi. Nel 1956 il padre della cinofilia agonistica italiana, Giulio Colombo, aveva questa nozione del cane da montagna: “E’ bene ribadire il concetto di caccia in alta montagna: (…) il cacciatore si convince che per il cane il merito non è tanto aver saputo indicare con la ferma il selvatico, conclusione logica, lapalissiana della caccia codaiola, ma di aver saputo reperire il selvatico, ed allora l’uno e l’altro esperimentano quanta vasta sia la montagna, dove ogni ondulazione, ogni gola, ogni anfratto è superficie da esplorare moltiplicando la fatica: soltanto un ausiliare con garetti solidi, muscolosi, efficienti polmoni alla Bartali (…)”.
Ultimamente nella relazione “tecnico-dottrinale” ad un campionato Europeo Setters su selvaggina di montagna, Franco Malnati, noto giudice, cacciatore di montagna, tenne questa magnifica relazione sul significato delle prove di montagna: “Vi siete mai chiesti cosa si seleziona nelle prove di montagna? Be’, io me lo sono chiesto molte volte. Esiste la Grande Cerca, nella quale si seleziona una certa qualità del cane, il galoppo, la mentalità ed altre cose. La Classica è una prova dove si mette in evidenza lo stile del cane. E nelle prove di montagna cos’è che selezioniamo? Allora, io dico che morta la caccia rimarremo con un pugno di mosche, se altre prove esistono per altri motivi di selezione, queste prove esistono a mio avviso – e lo dico non perché ci sono affezionato – perché è qui che emerge l’istinto venatorio, il rapporto uomo-cane, il senso del selvatico, quello che in altre prove non possiamo recuperare, ciò che per me è più importante. È dal cane da caccia che è nato il cane da prova, non dobbiamo dimenticarlo. Il cacciatore è a mio avviso il più antico cinofilo. E noi chiediamo, come cinofili, al cacciatore di essere un po’ più attivo e di insegnare di più a noi tutti. (…) sappiate, del resto, che la montagna è severa con tutti. Però quando si hanno delle soddisfazioni in montagna non le si dividono con nessuno perché sono cose che si tengono dentro: quando ferma un cane in montagna e si va’ a servirlo. Credo che il cane da montagna deve insegnare a tanti altri cani, perché, quando un cane è fermo su a trecento metri ed il cacciatore lo va’ a servire e deve fermarsi per recuperare il fiato, e arriva con il fiatone a gustarsi l’emozione dell’involo fragoroso, sono cose che non si dimenticano, non è come incarnierare quattro starne in qualche riservaccia della nostra zona. Quindi teniamole bene da conto queste prove”.
Quanto sopra è ciò che viene costantemente ricercato nel confronto dei migliori soggetti europei sul banco di prova del Saladini-Pilastri. È da sottolineare, quindi, come il Trofeo Saladini abbia contribuito ad elevare la qualità dei cani da montagna.
Anche quest’anno non sono mancate, come al solito, le polemiche. Ma preferirei sorvolare, poiché non vorrei – a mia volta – contribuire a sgretolare quel poco che continua a sopravvivere dell’armonia e sportività degli altri anni.
Quest’anno ha vinto Volo di Crocedomini magistralmente condotto sui terreni dal gentleman Giuseppe Breda di Leffe (BG). Due primi eccellente e tre secondi eccellente hanno consentito al setter tricolore allevato dal grande Jacopo da Prestine di prevalere su tutti gli altri concorrenti.
Tra i soggetti rossocrociati sono da segnalare i buoni risultati di Berus della Chiave detto Kubi dell’amico Davide Pedraglio (4° classificato con un CAC CACIT, un primo eccellente ed un terzo eccellente), di Asso del Centromarche del buon Ermes Bizzozzero (un CAC CACIT), di Astro del Zagnis (due eccellenti ed un molto buono) e Argo (un eccellente) della ditta Pedrazzetti-Oesch, di Desirée (un CAC ed un molto buono) dei mastodontici Sala, della vispa Brenda del Zagnis (un primo eccellente) di “big” Buletti, la Wanda di Crocedomini di Silvio Balli ed il Jazz de Gris Monpres di Vogt.
Ancora una volta i setter la fanno da padroni, confermando la preferenza tribuita dai “montanari” ai nipoti di Laverak rispetto ai cugini della grande e gloriosa famiglia pointer. Non sono comunque mancati pointers che da protagonisti hanno saputo coprirsi di onore: ricordo le vincitrici (sottolineo il fatto che siano state delle f e m m i n e) del Trofeo, la Vara della Cervara di Torielli (2 volte) e la Magia del Tirso di Giachino, per non parlare poi dell’indimenticabile British des Halliers del compianto Neiger, dell’Eloi des Bois de Perches dell’incantevole madame Bethune e dell’Argo e della Samba, splendidi soggetti del gioviale presidente del SPC Ticino, Rusconi.
YURI TARTARI
(articolo pubblicato sulla Revue del Setter & Pointer Club Suisse -primo semestre 2000)